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Gangster Squad, ovvero la fiera del clichè

Va bene, va bene, tutto quello che sta tra noir e hardboiled deve per forza di cose basarsi almeno un po’ su stereotipi. Però, voglio dire, c’è un limite e Gangster Squad lo supera già dopo dieci minuti.

Los Angeles, 1949. Tutta la città è di fatto sotto il controllo dei gangster. In particolare di uno, tale Mickey Cohen, ebreo con la passione per la box e per il crimine. Ovviamente è freddo, senza scrupoli e cattivissimo: utilizza tutte queste belle doti per provare a diventare il padrone incontrastato di tutta la città. Dall’altro lato della barricata c’è un poliziotto serio, onesto, manesco e decisamente pratico, che se ne sbatte delle regole non scritte e rompe i maroni al boss. Ha una moglie che lo capisce e da cui sta aspettando un bambino.

Quindi prima scena d’azione: il poliziotto segue uno scagnozzo del boss che sta adescando una ragazzina appena arrivata a Los Angeles con l’intenzione di stuprarla. Scena alla rambo in cui il poliziotto fa irruzione nell’appartamento, mette ko tra i tre e i cinque cattivoni e salva la ragazzina che se la ride per lo scampato pericolo. Tornato alla centrale il capo della polizia, ovviamente colluso e corrotto, gli fa la ramanzina e gli chiede gentilmente di farsi i cazzi suoi.

Altrove il comandante della polizia (non so che differenza ci sia tra il capo e il comandante, ma sicuro il comandante ha più potere e nel clichè deve essere onesto) da ordini inversi: senti O’Mara (cognome del poliziotto, irlandese), qua bisogna fare il culo a Cohen e bisogna farlo in modo ufficioso. Metti insieme una squadra e fagli un mazzo tarallo.

O’Mara non se lo fa ripetere due volte e va a cercare i giusti stereotipi di una squadra: il nero (che ci crede un sacco ma fa la parte dello sfigato), il pistolero (cowboy, non giovanissimo, lesto di pistola e di battute caustiche), il nerd (l’intelligentone, l’unico che a un certo punto si fa venire due scrupoli) e il latinoamericano (credo che servisse solo per una questione di rappresentanza delle minoranze). Questa la Gangster Squad.

Ovviamente c’è la femme fatale: rossa, gnocca, sta col boss ma si scopa il poliziotto giovane. Quest’ultimo, disilluso e demotivato, scopre la vocazione di vigilante quando uno scagnozzo del boss uccide per sbaglio il ragazzino lustrascarpe suo amico.

Questo è più meno Gangster Squad, di cui più che altro ho apprezzato l’ambientazione anni ’40 e l’abuso di borsalino.

Lawrence d'OrobiaGangster Squad, ovvero la fiera del clichè

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