True Story

Quattro matrimoni e un limone

Amy Winehouse. La cassa del bar decide di passare Amy Winehouse. Che è perfetta, perché siamo a metà settembre e Amy Winehouse sa di fine estate, sa di ultimi rimasugli di caldo. Sa di quel caldo che lotta e scalpita, di quel caldo che ti fa passare il pomeriggio e la prima serata in maniche di camicia, magari pure arrotolate, ma che si arrende poco dopo cena.

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Quelli del club del sigaro mi spiegano il Nicaragua

Cerco su Spotify cigars per trovare una playlist adatta, una di quelle che ti appoggi allo schienale, chiudi gli occhi, respiri a fondo e rivedi, rivivi, quello che hai cercato. Ne trovo una che promette bene, promette Whisky and Cigars, e 24.000 followers gli hanno creduto. Premo play prima di vedere cosa effettivamente c’è dentro: mi accoglie Etta James, dicendo At Last. Io il sigaro non ce lo sento.

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Il Sentierino coast to coast, puntata #0 – Pilot

Sarà che alla fine, a me, sta iniziativa del Sentierino piace. Passo indietro: prima i disclaimer. Premesso che ci ho lavorato un po’ anche io (ero sotto, in sala macchine, capotecnico, capomastro, ad urlare a gente nera di fuliggine che bisognava spalare più HTML in quel contenitore web per tenerlo a regime), premesso che in generale io capisco molto poco, so ancora meno, non ho nulla contro il sistema bancario, sindacale, vado a votare (non a Bergamo comunque), ma sempre con estrema umiltà, ringrazio tutti, indistintamente. Ecco, mica che poi i poteri forti mi censurino.

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Le migliori playlist di Spotify per una cena giapponese

Chiamato a organizzare una cena sino-giapponese in ufficio per mostrare le mie diapositive (no, non è vero: foto digitali) del mio viaggio in quei due paesi, ho dovuto pensare a una playlist, un sottofondo musicale ideale per l’occasione. Ho messo subito da parte l’idea di puntare sulla musica cinese: in Cina ho comprato un album indie interessante, ma la mia conoscenza e il mio gusto si ferma lì. Oltre al fatto che, dal basso della mia ignoranza, non associo alla Cina sta gran cultura musicale.

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Come organizzare una cena sino-giapponese senza farsi male

Ci sono delle volte in cui vieni incastrato. Non necessariamente alla maniera dei noir anni 30, no. Parlo di quando riesci ad incastrarti, quasi da solo, anzi, quasi di proposito in un sistema di leve: da una parte le tue paure e tutto ciò che non sai fare, dall’altro una richiesta da parte di terzi che ti spinge nella direzione opposta. È andata proprio così, quando, forse ancora un po’ frastornato dal fuso orario, ho risposto con decisamente troppo entusiasmo quando mi hanno chiesto di organizzare una cena sino-giapponese in ufficio. Con diapositive.

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Eri, ovvero la giapponese della terza tappa

Venerdì 27 gennaio 2017, Osaka – Giappone.

Gli obiettivi della serata sono essenzialmente due. Primo: tirare almeno l’una e mezza di notte per permettere a mio fratello di fare gli auguri di buon anno ai suoi amici cinesi. Secondo: tirare almeno le due per riuscire a sentire un’amica in Italia. Serve impegno e buona volontà ma ce la posso fare.

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Air China: ovvero dell’hostess che mi passò biscotti sottobanco

Il volo Air China CA950 dura circa 10 ore e collega MXP (Milano Malpensa) a PEK (Beijing Capital Internation Airport). Non è il volo più lungo del mondo, ma sono comunque 10 ore. Per me ha rappresentato il primo vero ostacolo durante il mio viaggio in Cina e Giappone. Così, subito, a secco, l’ostacolo più grande.

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Anonima WhatsAppisti

Alzo il colletto della giacca e tiro la zip più alto che posso. È notte, fa freddo. I lampioni illuminano la strada e la facciata della chiesa. Sorpasso il portone chiuso e mi infilo nel vicolo subito dopo. Da una finestra arriva un po’ di luce: il posto è questo. Apro la porta, la richiudo, scendo qualche scalino, giro l’angolo ed eccoci: quella sala seminterrata è lo spazio che il pastore mette a disposizione delle associazioni meritevoli. Le associazioni che aiutano la comunità, che la sostengono, che la guariscono. Gente seduta in cerchio, su sedie pieghevoli. Le persone sembrano tutte uguali, facce che probabilmente ho già visto ma che ho dimenticato.

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La fotografa col borsalino nero

Alle 10.00 di lunedì mattina, il treno della metropolitana che parte da Gessate, lo fa con la consapevolezza di essere praticamente vuoto. Io, al contrario, che alla metropolitana non ci sono abituato, è un’eccezione, a Milano non ci vado mai, non ne sono consapevole ed anzi, sono piuttosto felice di trovarlo praticamente vuoto. Mi siedo e guardo fuori dal finestrino fintanto che il treno è in superficie. Qualcuno entra, ma non troppi, e a dirla tutta dal tuo sedile manco ti accorgi di chi entra, non ti interessa.

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