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La Pianista di Elfriede Jelinek

Ho trovato questo libro nello scaffale in alto, quello poco raggiungibile, quello coi libri relativamente più recenti. Credo ce lo abbia messo lì mio padre. Cerco in Google “La Pianista Elfriede Jelinek”. Scopro che è un premio Nobel e che la trama è interessante. Decido che potrebbe valere la pena leggerlo.

Degno di nota è il caso, che ha voluto che subito dopo la madre di Due Fratelli trovassi immediatamente un’altra madre, addirittura peggiore della precedente. Credo sia il karma che mi sta preparando alla festa della mamma: vuole farmi capire che in fondo non ho nulla di cui lamentarmi, o qualcosa del genere.

Ecco, questa madre è davvero molto attaccata a sua figlia. Mi ricorda un po’ quella di Mother (Pink Floyd, The Wall, 1979). Inutile dire che ha riversato su di lei qualsiasi aspettativa potesse venirle in mente, soprattutto riguardo alla carriera professionale: la figlia diventerà una dea del piano. La fa studiare, non la fa uscire, taglia fuori ogni uomo: sono distrazioni inutili. Succede che la figlia non diventa la nuova Beethoven, ma solamente un’insegnante di musica. Non importa: sua figlia conosce l’arte come nessun altro, è bellissima (talmente bella che le è vietato spendere soldi per vestiti colorati), bravissima (inimitabile, con tanto di concerti privati), è sua. Si, perché dopo averci messo tutto questo impegno a farla crescere come si deve, è giusto che ormai la consideri come una sorta di proprietà, un investimento da non sciupare, perché in quanto investimento dovrà avere un ritorno prima o poi. No?

In questo ambiente poi è chiaro, che l’altra, la figlia, cioè la pianista del titolo, mi cresce con dei problemi. Un po’ prova a ribellarsi, urla, strappa capelli, ma poi si sente in colpa. In fondo quel cordone ombelicale non è che le dia tutto questo fastidio, o comunque da fastidio ma è comodo. Oltre al fatto che è l’unica cosa che conosce. Finisce alla deriva, probabilmente si innamora, approda in un mondo immaginario che a confronto 50 sfumature di grigio sembra una puntata di Peppa Pig.

La scrittura è spesso rapida, a tratti sincopata, i punti di vista cambiano in continuazione. La Jelinek a quanto pare ha una passione quasi ossessiva per la metafora. Davvero. Andando a fare la spesa per preparare questo libro ha comprato almeno un etto e mezzo di metafore. “Signora, è uno e ottanta, che faccio? Lascio?”. Lasci, lasci.

Lawrence d'OrobiaLa Pianista di Elfriede Jelinek

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