The Silent Age è un viaggio nel tempo, non solo per la storia che narra, ma anche per lo stile e l’interfaccia. Un’avventura punta e clicca vecchia maniera, anche se molto semplificata e ben lontana dal periodo d’oro del suo genere. Per certi versi mi ha ricordato Another World. Almeno per quanto riguarda lo stile.
Ecco, adesso che ci penso lo stile di The Silent Age è proprio quello di Another World. Stile che, tra l’altro, è il vero punto di forza di questo gioco. Essenziale, spesso stilizzato. In Another World il protagonista finiva in un mondo alieno, qui il protagonista viaggia nel tempo, in particolare dagli anni 70 al 2012.
Un anziano scienziato, giunto dal futuro, approda nel 1972, viene ferito e affida la sua missione a un addetto alle pulizie, misteriosamente appena rimasto senza collega. Da lì parte la piccola avventura a zonzo per il tempo con l’obiettivo di salvare il mondo. Le meccaniche solo le classiche del punta e clicca: raccogli oggetti, utilizza oggetti. A dirla tutta The Silent Age è parecchio semplificato: non si possono combinare oggetti nell’inventario, le interazioni sono minime e gli oggetti che è possibile raccogliere di solito vengono utilizzati nel giro di poco.
La storia è intrigante ma poco particolareggiata: molte cose avrebbero meritato un approfondimento secondo me. Il sonoro è molto più che minimale: entrambi i set, sia negli anni 70 che negli anni 2000, sono incentranti sulla solitudine e il silenzio. Secondo alcuni ciò sarebbe dovuto al paese di provenienza degli sviluppatori, ovvero la Danimarca, però di dissocio. Poteva andare peggio, potevano essere svedesi.
In sostanza il gioco merita, ma per molti versi si poteva fare di più. Lo stile impeccabile poteva essere supportato da puzzle più complessi e da una trama più particolareggiata. Si finisce in meno di tre ore, compresi tutti gli achievement.
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