Questa dovrebbe essere la recensione del primo numero di UT, la nuova miniserie Bonelli, ma dato che le mie recensioni sono sempre strane, la prenderò un po’ larga.
Non ero mai stato a una fiera del fumetto. Questo fino a settimana scorsa, quando un mio amico mi porta a Cartoomics. Lui ne sa più di me, mi lascio guidare. Punta soprattutto a due stand: Bonelli e BAO. “Perché da Bonelli c’è questo nuovo fumetto, UT, che promette bene” mi dice. “Di cosa parla?” chiedo, “Boh”, “Boh?”, “Nel senso che non si capisce”, “Promette bene, si!”.
Vedo la copertina della variant Cartoomics, disegnata da Jacopo Camagni: mi colpisce soprattutto il gatto. Il personaggio principale, UT (momento di panico: come si legge? Utì? Hut? Hat?), è mascherato, la maschera ha una zip per chiudere la bocca. Gli occhi sono scoperti e fissano una farfalla luminosa. Anche il gatto fissa la farfalla, ma con l’aria di voler tentare un assalto. Questo gatto risolverà la storia, ve lo assicuro.
Il ragazzo dello stand Bonelli ci informa che poco più tardi si potranno far autografare gli albi. Nel corso della giornata credo siano stati disponibili tutti gli autori (Corrado Roi e Paola Barbato), ma noi ci mettiamo nella fila più breve: quella di Camagni. Passa un po’ di tempo perché lui, gentilissimo, fa un disegnetto a tutti, ma alla fine tocca anche a me. Vorrei chiedergli di disegnarmi il gatto, ma non voglio fare brutta figura. Ottengo dedica, autografo e primo piano di UT. Ci ripromettiamo di non provare mai più a metterci in fila per un autografo. Poi scopriamo che quel giorno c’è anche Manara e ci ricaschiamo. Ma rinunciamo poco dopo.
Torno a casa e non vedo l’ora di capire di cosa parla questo benedetto albo. Apro la copertina e rivedo il sudatissimo disegnetto. Giro pagina. A dir la verità prima controllo che l’inchiostro del pennarellino non abbia sporcato troppo a fondo: non so, mi era presa sta fissa che avrebbe potuto rovinare mezzo libricino, invece, per fortuna, si è fermato alla prima pagina. Niente, dicevo, comincio a leggere. Mi colpisce subito lo stile cupo, ricco di ombre. Le prime battute parlano di un posto ben preciso, le stesse coordinate, un posto insostituibile a quanto pare, ma anonimo e sconosciuto. Da fuori campo il Colonnello Bernacca di questo universo ci avvisa che sarà una giornata pessima, ventosa, schiarite sul versante adriatico, ma solo verso sera. E l’uomo? L’uomo non esiste più. Son confuso: sotto la didascalia ci sono quattro uomini che trasportano un quinto uomo. La spiegazione? Sono di un’altra specie, di altre specie, a due zampe ma non più uomini. E già mi chiedo cosa sia successo in quel mondo apparentemente post-apocalittico.
UT è infantile, forte e veloce. Nelle prime pagine lo fanno passare anche per scemo, ma più avanti dimostra di non esserlo. Lavora per un dottore, uno studioso fissato con una mastaba e il suo contenuto. Trova il gatto (si chiama Leopoldo) e fa di tutto per non separarsene.
L’ambientazione è difficile da inquadrare: gotica, forse vagamente steampunk, a tratti surreale. Sempre scura, sfumata. I primi piani sono espressivi e utilizzati per rappresentare l’apice di moti, di sentimenti primordiali.
Questo primo episodio (dei sei di cui sarà composta la miniserie di UT) lascia con molte domande, apre un universo che a pelle mi sembra interessante, ma che ovviamente dovrà essere esplorato e in qualche modo spiegato. Sono curioso di scoprire come. Ma sono sicuro che alla fine sarà il gatto a risolvere la storia. Ve lo assicuro.
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