Le Ali della Sfinge, dove la sfinge non è il monumento egizio. Lo dico perché io ho passato le prime pagine del libro a chiedermi che minchia d’ali avesse la sfinge. Sapevo del naso rotto, del corpo da quadrupede, non di ali. E invece la sfinge, in questo caso, è un tipo di farfalla.
Quindi niente, esiste questa farfalla che si chiama sfinge. Ma la vera rivelazione è che le farfalle hanno quattro ali, non due. Ci sono rimasto male. Ma cosa centrano le farfalle con Montalbano? Centrano, centrano. La vittima della trama principale, una ragazza il cui corpo viene ritrovato in una discarica, ha infatti un tatuaggio a forma di farfalla. Il commissario non pensa a Belèn solo perché il tatuaggio è sulla scapola. E a quanto pare non si tratta di una farfalla qualsiasi ma proprio di una sfinge.
La difficoltà sta, prima che nel trovare l’assassino, nell’identificare la ragazza. Montalbano ci prova facendo intervenire l’amico giornalista, ma poi è di nuovo Ingrid la svedese a dare la svolta. Santa donna. Oltre all’intervento dell’amica, questo libro ha un’altro punto in comune con Il Giro di Boa: ovvero il tema dell’immigrazione clandestina e non. Tema che inevitabilmente coinvolge anche personaggi importanti, tra i quali Montalbano dovrà stare attento a non farsi impantanare.
Sullo sfondo il personaggio del commissario, quello privato, che nel corso dei vari libri evolve e si approfondisce. Continua il grande ma difficile rapporto con Livia. Nasce una sorta di conflitto interno rappresentato come due Montalbani che pensano e parlano all’interno del vero Salvo: spesso, anzi, sempre la pensano in maniera differente e non se le mandano a dire. Tanto che il commissario, quello fisico, deve intervenire per stemperare la tensione e prendere le decisioni finali.
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