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Storie di troie e questioni affini

Il punto di vista della prostituta. Non so mai cosa aspettarmi quando chiedo a L di prestarmi libri, figuriamoci quando gli propongo un tema del genere. Però questa cosa mi piace, perché in realtà non mi ha mai deluso, anzi. Gli dico, di solito, portami quello che ti pare che mi fido. Anche quella volta mi sono fidato. Da quel messaggio in WhatsApp ho letto qualche altra cosa e visto qualche film, sempre riguardo a storie di troie, provo a riassumere qui un po’ di cose.

Stavo per cominciare questo paragrafo provando ad analizzare il perché questo tema è interessante. Avevo già scritto qualche riga, giuro. Ma poi l’ho cancellata. E ho scritto questa. Chissà se cancellerò anche questa per dire altro. Bah. Comunque, dicevo, la prima versione, o meglio, le prime righe della prima versione, le ho cancellate perché stavo per finire nel tecnico, nel ragionato, nel razionale. Non è che quello che voglio, non qui. Lascio formalizzare ad altri perché è interessante. O magari lo farò io più avanti. Stasera non ho le idee proprio chiarissime, quindi dalle idee provo ad allontanarmi. Allontanandomi dalle idee finisco per sentire qualcosa, qualcosa a livello di stomaco, inizio intestino al massimo.

Sempre tenendomi lontano dalle idee mi vengono in mente almeno due esempi che ritengo i miei primi incontri con storie di troie. Boccaccio e Goldoni. Ero alle superiori, non ricordo l’anno. Non è che alle superiori si eccelli come idee, figuriamoci in casi come quelli.

Quel Libro Giapponese di cui non Ricordo il Titolo

La prima sfornata di libri che mi ha portato L era composta da questo e dal libro successivo. Non ricordo titolo, non ricordo il nome dell’autrice. Parla di una ragazza giapponese, a cui a un certo punto incespica il cervello: smette di andare a scuola, svuota la propria camera e inizia ad aiutare il bambino vicino di casa, bambino più piccolo di lei. Aiutare a far cosa, mi son chiesto. No, non è vero che me lo son chiesto, perché lo stavo leggendo e non ci si fanno domande del genere mentre si legge. Comunque, niente, lo aiuta come ghost writer di chat erotiche. Una ragazzina e un bambino. Due tipetti che non arrivano a 20 anni sommandoli, o giù di lì. Questa cosa dell’età mi ha colpito, ma mentre lo dicevo a L mi sono ricordato che anche gli eroi dei cartoni che mi hanno formato in fondo avevano a malapena 18 anni e salvavano comunque il mondo. I giapponesi a quanto pare sono parecchio precoci quando ci si mettono.

Non lo considero un librone (tanto che anche fisicamente è striminzito, non arriva a 200 pagine), però ha dalla sua parte il fatto che ai giapponesi ci sia approccia con aspettativa, aspettativa di essere stupiti. Un po’ anche loro vogliono che sia così. Leggevo che i giardini giapponesi migliori hanno l’entrata in salita, che serve a dare al visitatore il tempo di crearsi un’aspettativa per poi stupirlo. Qua credo sia più o meno lo stesso: il modo di pensare, ma soprattutto di reagire alle cose, tendono a stupire.

Storia di V

Questo libraccio è il motivo per cui ho cancellato schifato un’introduzione che stava diventando decisamente tecnico. L’apoteosi della sega mentale, attività in cui credevo di eccellere, ma nella quale Catherine Blackledge (l’autrice) mi straccia e di diverse lunghezze. Il risultato è 500 pagine, un’impresa titanica che chiama in causa qualsiasi ramo della scienza, dalla teologia, alla storia, alla biologia. Cariche prodigiose, spiegoni interminabili, fonti a non finire, per potersi mettere vicino alla raffigurazione di una vagina, indicarla al povero maschio all’ascolto e far presente al poveretto vedi che la figa è importante? Lui, con fantozziana reverenza, risponderebbe che si, lo sapeva già, grazie comunque per averlo ribadito. Ma il punto è che tutto ciò serviva in primo luogo alla nostra Catherine, cara Catherine, che doveva convincersi che si, le vagine, compresa la sua, sono importanti. Spero ci sia riuscita. Per il suo bene.

Nota a margine: L mi confessa che lui questo libro non ha finito di leggere. Io ci ho provato, per davvero, ci ho messo il massimo impegno, ma ho dovuto arrendermi. Tra l’altro non so esattamente cosa centrasse questo libro con il tema storie di troie. Parte per il tutto, probabilmente. Si, proprio quella figura retorica.

Il Delta di Venere

Fortunatamente, poco dopo, ci ha pensato Anais Nin a mettere da parte le seghe mentali, e pure quelle propriamente dette, andando a pescare diversi tipo di amore e a marinarli per bene in un misto di sentimento ed erotismo. Diverse storie, alcune quasi pulp, al confine con il mondo di Bukowski, ma per la maggiore di quelle che, come dicevo prima, si sentono tra stomaco e inizio intestino. E anche un po’ più giù. Nonostante l’introduzione metta in guardia sul fatto che il romanticismo è stato lasciato fuori dalla porta, boh, a me pare di avercelo visto. Se non era lì guardavo incuriosito dalla finestra, senza badare di non essere colto in flagrante.

A un certo punto una dei personaggi sostiene che qualsiasi donna dovrebbe provare a fare la prostituta, almeno per un breve periodo, per fare esperienza. Questo mi ha fatto tornare in mente un articolo che ho letto qualche tempo fa, nel quale si raccontava che, in mi ricordo quale stato degli USA, la prostituzione di per sé è legale ma è vietato esporre i prezzi. In altre parole con le troie ci devi contrattare, come con i marocchini e i venditori di souvenir in Cina. Stando all’autore dell’articolo, questo modo di lavorare è davvero eccezionale perché valorizza la donna spingendola a darsi un valore. A pensare a se stessa e a stimare il valore del proprio tempo. Curioso. Supponiamo, insieme, facciamo questo gioco, di dover dire: ok, vendo un’ora del mio tempo a un’altra persona. Non importa cosa si faccia in quell’ora (nei limiti della legalità e del rispetto reciproco, sia chiaro, che se no poi mi arriva Catherine con il randello). Quanto chiedereste per quell’ora? Io non lo so, lascio rispondere a te.

Nessuno mi può Giudicare

Film. Italiano, romano. C’è dentro buona parte del pantheon d’attori di commedia: Paola Cortellesi, Caterina Guzzanti, Raoul Bova, Rocco Papaleo. Leggero diverente, che però non aggiunge molto alla nostra, alla mia, ricerca. La Cortellesi è sposata con un tipo ricco, che però, poveretto, muore male e la lascia vedova. Vedova e piena di debiti. Lei si mette a fare la prostituta d’alto bordo per ripagare quei debiti. I personaggi rimangono piuttosto insipidi: da una commedia non ci si può aspettare una caratterizzazione fatta bene, che si tratti di lei, delle sue colleghe troie o dei clienti. Anzi, proprio sui clienti è una Caporetto del personaggio. Ah, Bova in tutto ciò è il salvatore della patria.

Il Libertino (o Manuale del Libertino, qualcosa del genere)

Saltone indietro, sulla carta. Questo libro, raccolta di racconti, massime e altre cose riguardanti la figura del libertino è per la maggior parte ambientato nel 1700. Il supporto cartaceo è pure lui piuttosto antico, non abbastanza per essere considerato antico, non abbastanza interessante per essere definito vintage, le pagine ingiallite e la copertina strappata gli assicurano un minimo di appeal ai matti come me, ma la maggior parte delle persone lo definirebbe semplicemente vecchio.

Tra tutti i periodi storici il 1700 e immediati vicini non interessano più di tanto, troppo ampollosi, troppo rococò. Barocco e suono di cembali mi fanno venire immediatamente male. Chiedo scusa agli amanti del 1700, ma per le cose interessanti bisogna aspettare se non altro la Regina Vittoria. Qualche massima carina, qualche aneddoto degno di nota, ma per il resto non stuzzica la mia curiosità.

Confessions of a Brazilian Call Girl

Film, produzione brasiliana. Lo vedo in portoghese con sottotitoli in italiano. Questa pellicola è tratta da un libro che a sua volta è una storia vera, ovvero la storia di questa brasiliana che scappa di casa e comincia a prostituirsi. Già prima di scappare si esibiva in webcam. Non mi è chiaro fino a che punto si tratta di una necessità economica o se, invece, la ragazza inseguiva altri tipi di necessità. Saltano fuori un po’ di questioni interessanti: lei è brava, per giunta le piace, e giustamente si fa pagare (l’autore dell’articolo di cui sopra sarebbe soddisfatto). C’è un po’ di caratterizzazione dei clienti, che non sono da commedia ma meglio definiti, incluso quello che si innamora. Poi Bruna (così si chiama la tipa, Bruna la Surfista), no aspetta, ragioniamo un momento su Bruna la Surfista. Che minchia di titolo è “la Surfista”? Ma ti pare? Tra tutte le professioni del mondo, vai a pescare quella meno erotica del mondo? Ma veramente? Solo a me fa ridere? Bruna la Surfista. Ed il bello è che lo sceglie quando fa il passo da casa chiusa a escort d’alto bordo. La surfista, ma per piacere.

Cosa stavo dicendo? Ah, si. Bruna, spinta un po’ dalle colleghe troie, comincia a drogarsi. Quindi se da un lato guadagna soldi e fama in quantità considerevoli, aprendo anche un blog personale nel quale racconta i cazzi dei clienti (sia metaforicamente che in senso stretto), dall’altro comincia a scivolare nel baratro dei debiti e delle pessime compagnie. Alla fine è uno dei clienti, quello innamorato, povero stronzo, a salvarla.

Giovane e Bella

Di nuovo film, europeo: francese. La signorina in questione ha 17 anni, è al mare e la sua prima esperienza sessuale è una vera merda. Così, tornata in città, decide di aprire un sito internet e comincia a prostituirsi sotto le pseudonimo di Léa. Passano un po’ di clienti, compresi quelli stronzi. Anche qui torna il tema di quanto vale, sempre la gioia del giornalista di cui sopra. La doppia vita sembra anche piacerle. Andando in albergo si traveste da donna più matura di quello che è, anche se, almeno da quel punto di vista, diventa effettivamente molto più matura. Si perde un po’ il confine tra ragazzina e donna, tra ragazzina e zozza. Non c’è alcun passaggio che faccia sembrare la cosa pessima, anzi. Scivola tutto verso la normalità, dove probabilmente dovrebbe stare.

Il problema è che a un certo punto uno dei clienti muore. Muore scopando. Che si ride e si scherza dicendo che è il modo migliore di morire, ma come al solito il problema è per chi resta, non per chi muore. Per la protagonista non ci sono conseguenze legali, ma viene comunque scoperta e la mamma, entrando in pieno nel suo proprio ruolo di mamma, sente il bisogno dal di dentro, probabilmente dalle stesse parti che la figlia vende, di farne un polverone e rompere i maroni al mondo. Quindi niente, Léa se ne esce dal mercato delle troie d’alto bordo per un po’, fino a che si annoia e riaccende il cellulare che usava per gli appuntamenti. Uno dei messaggi la riporta nell’albergo e nella camera nella quale ha ucciso dal piacere un cliente, nella quale però trova la vedova che sente il bisogno di pagarla per fare due chiacchiere e conoscerla meglio. Il finale non l’ho capito tanto.

Memoria delle mie Puttane Tristi

Libricino, di quelli che si leggono in mezza giornata se ci si fa prendere bene. Io mi sono fatto prendere bene. Ultima opera di Marquez (Gabriel Garcia, non il motociclista). La trama è presto spiegata: un matto, arrivato a 90 anni avendo scopato solo troie, decide di alzare l’asticella (questa battuta non era voluta, ma la lascio la stesso) e farsi procurare un giovincella vergine. La sua pusher di vagine di fiducia riesce nell’impresa, ma quella notte la ragazzina dorme e lui rimane a guardarla. Idem la volta successiva. E quella dopo. In sostanza l’arzillo vecchietto paga per guardarla e finisce per innamorarsene. Dietro quella che dovrebbe essere la più becera storia di sesso a pagamento, si apre la più becera storia d’amore. Dico becera perché Marquez, anche lui non troppo giovane mentre scriveva, mi conferma, da persona avente esperienza, due cose che speravo passeggere ma che a quanto pare tendono a rimanere leitmotiv per chi le prova:

  1. Da innamorati ci si comporta da sedicenni. Non importa l’età, non importa il grado di scolarizzazione (che forse influisce comunque, ma al contrario). Me lo ha confermato anche MG in tempi non sospetti, ma il mio inconscio si rifiutava di crederle. Si rimbambisce anche oltre la demenza senile. Gli unici due neuroni che rimangono attivi passano il tempo a correre in cerchio urlando. Questo è innamorarsi.
  2. L’altra è inevitabilmente idealizzata. Non ci sono cazzi. Ci sarebbero dei neuroni incaricati dell’analisi razionali della cosa ma sono intendi a correre in cerchio urlando. Se l’hai provato almeno una volta, cosa che non so se augurarti o meno, capirai benissimo che idealizzare una bella addormentata e innamorarti di lei non è poi così assurdo.

Poche ore di lettura che possono valere la pena. Ad un certo punto la maitresse sostiene che anche la ragazzina è innamorata del vecchio: questa è l’unica cosa che tuttora non mi torna.

Josefine Mutzenbacher

Non l’ho ancora finito, quindi potrei dire qualche boiata. Se si vuole parlare di romanzo pornografico, di storie di troie, si deve passare da questo libro, che a quanto pare è un classico del genere, risalente a inizio 1900. Riconosco l’impronta porno, ripresa decenni dopo in campo video, di trovare in qualsiasi cosa una buona scusa per far scattare una scena di sesso. La trama c’è ma è striminzita e ridotta a casus belli dell’accoppiata successiva. Fa un po’ strano perché la protagonista comincia davvero giovane, scopandosi amichetti, vicini, tizi delle consegne a domicilio (su YouPorn c’è proprio una categoria per video basati sul tizio delle consegne a domicilio), docenti, catechisti, preti e sono solo a metà del libro. Ancora non si sta facendo pagare, le piace un sacco e fa il possibile per farsi fare. Notevole la ricerca semantica del traduttore, che ha dovuto spulciare qualsiasi dizionario per trovare abbastanza sinonimi di cazzo e vagina per star dietro alle necessità dell’autore originale (di cui non è noto il vero nome, c’è stata solo un’attribuzione a posteriori).

Ne è uscito un post bello lungo, non credevo. Dici che serve una conclusione?

Lawrence d'OrobiaStorie di troie e questioni affini

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